Annone e Baraballo dalla stanza della Segnatura in Vaticano alla chiesa di San Silvestro a L’Aquila

                                                                                                                                                               Annone e Baraballo dalla stanza della Segnatura in Vaticano alla chiesa di San Silvestro a L’Aquila

 

Ciao come va? Siete pronti a scoprire una nuova storia? Oggi io Gerry vogliamo raccontarvi di un elefante rappresentato in uno degli affreschi della chiesa di San Silvestro a L’Aquila. Che ci fa questo animale qui in città e per giunta nella cappella di una chiesa? Incuriositi da questa singolare scoperta, io e Gerry incominciamo a studiare la storia della famiglia proprietaria della cappella, i Branconio e veniamo a sapere che Girolamo Branconio, nel 1625, commissionò al pittore Giulio Cesare Bedeschini di realizzare questi affreschi.                                                   

Ma perché questo artista quando rappresentò l’allegoria della poesia s’ispirò alla storia dell’elefante Annone e di Baraballo, poetastro della corte di Leone X°?

Ma chi erano questi due personaggi? Per saperlo dobbiamo tornare indietro di circa 100 anni all’epoca del papa Leone X° Medici, secondogenito di Lorenzo il Magnifico. In quegli anni, nella capitale della cristianità, si era trasferito da L’Aquila un giovane,  Giovan Battista Branconio, per studiare tutti i segreti dell’arte del lavorare l’oro e si ritrovò come apprendista nella bottega di fiducia del cardinale Galeotto Franciotti della Rovere, nipote di Giulio II, con cui il giovane sin dall’inizio strinse un’importante amicizia che gli permise di incominciare a frequentare la curia papale e ad entrare al servizio di Giovanni de Medici, Il futuro Leone X°, il quale una volta diventato papa, lo nominò cameriere segreto e consigliere artistico. Grazie a questo suo incarico ebbe la possibilità di conoscere Raffaello e di diventare un suo intimo amico.

Ma che c’entra un elefante con Giovan Battista e Raffaello?

Un giorno il re Manuel d’Aviz del Portogallo decise di donare al pontefice una serie di animali esotici tra cui il nostro elefante che all’epoca dei fatti aveva più o meno 4 anni. I “doni” giunsero a Roma il 12 marzo del 1514.  Gli animali furono fatti entrare in città da porta del Popolo e da qui incominciarono a sfilare per le strade di una Roma incuriosita che non vedeva più un elefante o un rinoceronte dall’epoca dei Romani. Il corteo fu fatto sfilare fin a Castel Sant’Angelo dove ad accoglierlo c’era lo stesso Leone X°. Quando il nostro pachiderma, denominato Annone, che era alto 12 palmi ed era albino, giunse al cospetto del Papa, si inginocchiò per ben tre volte in segnod’omaggio strofinandogli la proboscide sulle pantofole; poi il suo addestratore gli fece aspirare da un secchio, con la proboscide, dell’acqua profumata che spruzzò verso i cardinali e la folla incuriosita. Il Papa, per il suo animale preferito, fece costruire una stalla apposita in una via di Borgo Sant’Angelo che fu rinominata, a partire da quel momento, borgo dell’elefante.

                                                                                                                                                       Come custode Leone X° volle il nostro Giovan Battista, che venne chiamato, in virtù di questo incarico, il “pedagogo dell’elefante” da Pietro l’Aretino

Annone ben presto divenne l’animale preferito del papa e mascotte della curia vaticana e spesso veniva portato in processione in città per farlo ammirare ai cittadini ed era il protagonista indiscusso di molte feste organizzate dal pontefice.

L’elefantino fu anche il protagonista di uno scherzo organizzato da Leone X° e dalla sua curia a discapito del poetastro Cosimo Baraballo, abate di Gaeta, “persona di mente leggerissima, di ingegno balzano, e soprattutto dotato di una grande presunzione” che si reputava superiore a Petrarca nell’arte della poesia.

All’epoca c’era l’usanza di incoronare i grandi poeti in Campidoglio come fu, appunto, per il grande Petrarca.

Il Papa conoscendo molto bene la presunzione di Baraballo decise di incoronarlo in Campidoglio e la data prescelta fu il 26 settembre del 1514, giorno in cui la chiesa festeggia i Santi Cosma e Damian, protettori dei medici e quindi anche della famiglia del pontefice. Si decise che il poeta sarebbe dovuto arrivare in Campidogio a dorso dell’elefante, il pachiderma fu inghirlandato e su di esso fu montato una sorta di baldacchino sul quale fu fatto sedere Baraballo, ma lungo il percorso Annone stranamente… si innervosì, disarcionò il poeta e scappò verso la sua stalla; il povero Baraballo si fece non poco male e dovette rinunciare all’incoronazione, che si trasformò in una serie di lazzi e risate da parte della folla. E’questo l’episodio a cui Giulio Cesare Bedeschini si è ispirato nel momento in cui ha voluto ricordare l’importante incarico che Leone X° diede al Branconio. Nell’affresco Annone è rappresentato come doveva essere realmente, ossia piccolino e albino, e lo vediamo in compagnia del poetastro Baraballo rappresentato con la corona d’alloro che tanto avrebbe voluto avere.

Lo stesso episodio è riportato anche in uno dei pannelli intarsiati che decorano la parte interna delle porte del Vaticano tra la Stanza di Eliodoro e quella della Segnatura.

Però la vita di corte e il clima troppo umido di Roma non erano consoni al nostro amico che nel giugno del 1516, a soli sei anni, morì gettando in un profondo dolore tutta la curia romana al punto che il Papa volle seppellirlo nel cortile del Belvedere con tanto di monumento funebre.

Branconio, il suo custode, gli dedicò un epitaffio latino che venne apposto in una torre presso l’ingresso al palazzo vaticano insieme ad un ritratto dell’animale dipinto da Raffello, ma che all’epoca di Paolo V fu distrutta e che noi conosciamo grazie agli studi fatti da Francisco de Hollanda che la ricopiò sul suo taccuino anni dopo.

Annone lo possiamo ammirare anche nella Creazione degli animali nel palazzo apostolico in Vaticano, nella fontana dell’Elefante nel giardino pensile di Villa Madama, in uno stucco delle logge Vaticane, su una volta di Palazzo Massimo alle colonne, è scolpito in una delle metope del fregio del cortile di Palazzo Baldassini in via delle coppelle, lo ritroviamo nell’atto di stritolare con la sua proboscide un legionario romano nel parco di Bomarzo voluto dal duca Vicino Orsini. Secondo alcuni ad Annone si è ispirato Gian Lorenzo Bernini per l’elefante obeliscoforo di Piazza Santa Maria sopra Minerva.

 

Chi l’avrebbe mai detto che un elefantino albino poteva essere una vera e propria star?

Ma…volete che vi raccontiamo anche la storia di Gian Battista Branconio degna di un romanzo? E del suo carissimo amico Raffaello? Non resta, allora, che organizzare un tour a San Silvestro a L’Aquila appena questa quarantena sarà finita.

Intanto continuate a seguirci, perché la prossima volta parleremo di un pesce…

 

 

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