Il Circo Massimo

 

Oggi, cari amici, vi voglio portare alla scoperta di un luogo molto suggestivo e ricco di storia e che nel corso dei secoli ha subito mille trasformazioni, il Circo Massimo.

È diventato uno dei simboli di Roma perché ci fa capire la grandezza dell’impero e contemporaneamente, quanto era importante per re, senatori e imperatori che il popolo avesse luoghi adibiti allo svago. Il circo massimo è la più grande struttura per spettacoli costruita dagli antichi romani. Oggi di questa grandezza resta un ampio prato che permette di farci capire il senso della lentissima trasformazione che ha subito il luogo, una provvisorietà millenaria e senza fretta. L’effetto, misto di geometria e sogno, è quello di uno stadio a cui è stato tolto tutto tranne delle strane scalinate. Tre stanno da una parte e quattro dall’altra, e due soltanto sono dirimpettaie, unica rispondenza in una disposizione asimmetrica fino al caos, e un po’ al mistero, di scale tutte diverse l’una dall’altra.

Il luogo dove esso sorge si chiamava vallis Murcia, era un’ampia valle naturale che tuttora separa il colle Aventino dal Palatino, che sin dall’epoca preistorica aveva esercitato un importante ruolo economico, luogo di mercato e di incontro  dovuto alla sua posizione in quanto si trova a guado del Tevere in prossimità dell’isola tiberina. Questa caratteristica di polo di attrazione indubbiamente contribuì alla sua elezione quale zona per installazioni circensi. La tradizione lo vuole fondato da Romolo che qui organizzò le prime gare di carri in onore di Consus, antico dio italico dell’abbondanza delle messi, durante le quali sarebbe avvenuto il famoso ratto delle Sabine. Il nome Consus “il sotterrato”, dal latino condire (nascondere, seppellire), si riferisce probabilmente al fatto che era uso presso i Romani di seppellire il grano per conservarlo. Al dio erano dedicati un sacrario principale ai piedi del Palatino e un tempio sull’Aventino innalzato nel 272 a. C. Le prime opere finalizzate alla realizzazione di un circo sono da ricondursi, secondo le testimonianze delle fonti, a epoca regia, e in particolare ai Tarquini (VI sec.a.C.). In quel periodo la vallata venne sistemata artificialmente, canalizzando le acque che vi scorrevano in superficie per ospitare le prime strutture in legno, legate alle attività del circo. Nel IV sec a. C. un cospicuo intervento edilizio fu destinato alla costruzione dei carceres ossia le gabbie di partenza per i carri. Fu il più grande edificio per gli spettacoli di tutti i tempi. Si deve a Cesare la prima struttura circense stabile, le cui caratteristiche si mantennero sostanzialmente invariate per tutta la durata del complesso. L’emiciclo misurava oltre 600 metri di lunghezza per quasi 150 di larghezza e con una capienza di 350.000 posti. La pista vera e propria era lunga tra 550 e i 580 metri e larga poco meno di 80, per una superficie totale di oltre 44.000 metri, dodici volte più grande del Colosseo. Al centro, un lungo elemento rettilineo, la spina, prima rappresentato dalla monumentalizzazione del vecchio canale di drenaggio della valle e solo successivamente realizzato in muratura, fungeva da banchina durante le corse. Lungo la spina erano collocate edicole, piccoli santuari e vari elementi architettonici anche funzionali allo svolgimento delle competizioni, come i delfini e le uova che servivano ad indicare ai concorrenti il numero dei giri. Le due estremità della spina erano invece delimitate dalle mete, elementi di forma che chiudevano la simmetria longitudinale della pista. Ai lati dell’arena si innalzavano le gradinate suddivise in tre settori, sostenute da strutture che costituivano corridoi funzionali alle percorrenze e all’accesso ai vari piani dell’edificio, e ambienti la cui destinazione non sempre risulta chiarita. La lunghezza complessiva di una fila di posti sui lati lunghi e quelli corti era di 4800 piedi greci (1400-1500 m.) e la capienza di 150.000 spettatori. I sedili circondavano l’intero stadio. Ogni posto era largo quaranta centimetri e profondo cinquanta, con un’altezza massima di trentatré centimetri. La distanza tra la fila più bassa e quella più alta era di circa trentacinque metri, il che dovrebbe corrispondere a un totale di 70 file. La suddivisione dei posti rispecchiava là gerarchia vigente nella società romana. I senatori e i cavalieri avevano i posti migliori nelle prime file dal basso, a un’altezza sufficiente per poter vedere oltre la spina. Erano rigidamente separati dal popolo, che sedeva più in alto, sulle decine di migliaia di posti offerti a poco prezzo o gratis dall’imperatore o da ricchi senatori. Lo spettacolo dei ludi magni iniziava con una pompa, simile a quella dei grandi trionfi, in cui venivano portate su carri (tensae) o su portantine (ferculae) immagini preziose di divinità, vasi, trofei d’armi, opere d’arte celebri, mentre passavano in corteo, magistrati, cavalieri, sacerdoti e tutto il personale che prendeva parte ai giochi. Diversamente dal Colosseo, uomini e donne sedevano vicini. Per il poeta Ovidio ciò era già motivo sufficiente per frequentare il Circo Massimo. Le corse partivano dai carceri, sul lato settentrionale, ove, oltre alle gabbie per i concorrenti, c’era il loggiato per il magistrato che dava il via alla competizione. Nel periodo imperiale, normalmente potevano partecipare alle competizioni quattro “squadre” (factiones), ognuna identificata da un colore: i Verdi, gli Azzurri, i Rossi e i Bianchi. I cocchi tirati da due o quattro cavalli, erano molto leggeri ed era necessaria una grandissima abilità da parte dell’auriga per non farli rovesciare. I palazzi imperiali sul Palatino furono appositamente costruiti in posizione prospiciente al circo, con accesso diretto al podio imperiale. La fastosa costruzione, la più ricca, forse, di Roma antica, esercitò un grande fascino su tutti i cittadini dell’Impero, così da essere più volte riprodotta in bassorilievi, mosaici, gioielli e monete. Alcuni frammenti della Forma Urbis severiana permettono una ricostruzione abbastanza precisa del Circo Massimo e delle strutture ad esso adiacenti all’inizio del III secolo d.C. Per un fortunato caso, il settore meglio conservato è la “curva sud”. È infatti sotto l’emiciclo rivolto verso l’Appia che le quadrighe venivano lanciate a folle corsa dagli aurighi. Nel corso del tempo il circo assunse una complessa simbologia solare ma già nella fase più antica appaiono forti valenze religiose testimoniate, ad esempio, dell’impegno delle sette uova, usate per contare i giri dei carri, riferite ai Dioscuri. Le uova furono collocate nel 174 a. C. e nel 33 a. C. Agrippa vi aggiunse dei delfini in bronzo omaggio a Nettuno. Successivamente Augusto fece erigere l’obelisco di Ramsete II (XII secolo a. C.) mentre Costanzo II nel 357 vi mise quello di Tutmosis III proveniente da Tebe.

Il Circo è dedicato al Sole; in mezzo infatti vi è un tempietto a quello dedicato e nella parte più alta di esso se ne vede l’immagine.. svariati sono gli ornamenti, diversi i tempietti quasi con i singoli attributi divini…in onore di Castore e di Polluce si riferiscono le Uova…. là si trovano dei delfini consacrati a Nettuno…Un obelisco di straordinaria grandezza è dedicato al Sole Conso se ne sta nascosto, sotto terra, presso le mète Murcie.” Tertulliano, De Spectaculis, VIII

Nel corso dei secoli il circo è stato diverse volte restaurato e abbellito.  La prima volta fu restaurato da Nerone dopo l’incendio del 64, successivamente nell’ 81 fu realizzato un arco in onore di Tito, poi demolito da Domiziano per celebrare la vittoria sui Giudei e la distruzione di Gerusalemme del 71 d. C. come ricorda l’iscrizione che era incisa sull’attico ed è arrivata a noi grazie ad una trascrizione dell’anonimo di Einsiedeln. Sotto l’imperatore Traiano (97-117) il Circo Massimo era diventato una struttura gigantesca. Le ultime gare si svolsero nel 549 per volontà del re dei Goti, Totila. Sembra che la struttura sia rimasta in uso sino al VI secolo quando vennero realizzate strutture aggiuntive, forse a carattere abitativo, o in relazione con l’impianto della chiesa di S. Lucia. Una piccola porzione dell’emiciclo circense fu occupata infatti in epoca medievale dalla diaconia di S. Lucia in Settizonio, che aveva funzioni assistenziali per i pellegrini. In seguito all’abbandono dell’area, la depressione naturale entro cui era realizzato l’edificio si andò progressivamente colmando e l’area venne adibita a uso agricolo. La zona successivamente fu chiamata in circolo e quindi ai Cerchi. Oggi all’estremità meridionale del Circo Massimo c’è una torre medievale nota come Torre Frangipane, dal nome della nobile famiglia romana che, già insediata sul Palatino e nella zona del Velabro, alla metà del XII secolo volle estendere le sue proprietà verso il Circo, nell’area compresa tra il Settizodio Maggiore (pendici del Palatino) ed i resti dell’Arco di Tito, dove allora sorgeva un complesso fortificato appartenente ai monaci della chiesa di S. Gregorio al Celio.

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