Santo Stefano di Sessanio

Nel cuore del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga a 1.200 m sorge Il borgo di S. Stefano di Sessanio che è forse il più suggestivo dell´intero Parco.

Il borgo è considerato tra i più belli d´Abruzzo per i valori ambientali, per il decoro architettonico e per l´omogeneità stilistica.

Il nome Sessanio forse deriva da una corruzione di Sextantio, piccolo insediamento romano situato nei pressi dell´attuale abitato, probabilmente distante sei miglia da un più importante pagus (villaggio) romano.

Sulla porta d´ingresso svetta lo stemma della Signoria di Firenze, che su queste montagne ha lasciato un granello – ma quanto prezioso – della sua raffinata civiltà. Pur non esistendo vere e proprie mura di difesa, il borgo è contornato da edifici senza soluzione di continuità che ebbero la funzione di case-mura, come mostrano anche le rare e piccole finestre.

Percorrendo le tortuose stradine si ammirano abitazioni quattrocentesche, tra cui la Casa del Capitano, e la Torre risalente al Trecento, dalla cui sommità si apre allo sguardo un panorama incantevole che abbraccia le valli del Tirino e dell´Aterno e si spinge sino ai fondali della catena del Sirente e della Maiella. Le prime notizie documentate relative al territorio di Santo Stefano si hanno nel 760, quando il re longobardo Desiderio donò Carapelle Calvisio al monastero di S. Vincenzo al Volturno. Nel 1474 sotto gli Aragonesi, l’abolizione della tassa sugli animali e il riordino dei pascoli di Puglia consentono un forte sviluppo della pastorizia e della transumanza al punto che in quell’anno Santo Stefano di Sessanio, CalascioRocca Calascio e Carapelle hanno nella dogana di Puglia ben 94.070 pecore.

Costanza, figlia unica di Innico Piccolomini, cede la Baronia di Carapelle Calvisio a Francesco I de’ Medici Granduca di Toscana. Ai Medici, dal 1579, queste terre apparterranno fino al 1743. In questo periodo Santo Stefano raggiunge il massimo splendore come base operativa della Signoria di Firenze per il fiorente commercio della lana “carfagna”, qui prodotta e poi lavorata in Toscana e venduta in tutta Europa. Nel XIX secolo con l’unità d’Italia e la privatizzazione delle terre del Tavoliere delle Puglie ha termine l’attività millenaria della transumanza e inizia un processo di decadenza del borgo che vede fortemente ridotta la popolazione a causa del fenomeno dell’emigrazione. Nel XXI secolo l’antico borgo sta avendo una rinascita, grazie al turismo.

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